Assaggiamo Pannepot Gran Reserva Vintage 2011, Saint Hélène Gypsy Rose e Alvinne Phi

De Struise Brouwers

 

La “renaissance” mondiale della birra degli ultimi anni ha ovviamente colpito anche il Belgio e visto il terreno fertile i risultati sono spesso ottimi. De Struise Browers ne è una delle migliori dimostrazioni.

 

Il progetto nasce nel 2001 e si affianca…ad un allevamento di struzzi; a causa della crisi del settore dovuta all’aviaria due dei titolari decisero d’intraprendere il percorso brassicolo seguendo la loro passione. Cominciarono a sperimentare in un piccolo impianto ed a produrre esternamente ma partecipando sempre attivamente a tutto il processo. Si tratta di birrai talentuosi e nonostante l’improbabile inizio (Struise significa proprio struzzi) il successo arriva in breve tempo e nel 2008 ricevono il premio come best brewery secondo Ratebeer, quando ancora si trattava di beerfirm. Pochi anni dopo sono già riconosciuti come un riferimento ed alcune loro birre, come in quella che mi appresto a descrivere, sono già un’icona delle Fiandre. Dal 2010 la produzione è stata trasferita nel nuovo impianto con annesso locale di mescita, nel villaggio di Ostvleteren.

 

 

Pannepot Gran Reserva Vintage 2011 (10%)

 

La serie Pannepot è sicuramente la bandiera di De Struise. Come loro stessi ci raccontano, è stata la prima avventura al di fuori delle birre più convenzionali, situandosi in un territorio a cavallo tra una Belgian strong dark ale ed una stout. Una birra ricca di gusti e sensazioni diverse che ben si presta all’invecchiamento. Dopo il consueto passaggio in botti di quercia per 14 mesi (Gran Reserva) la versione Vintage – 10% alc. – viene ulteriormente affinata 8 mesi in botti di Calvados, aggiungendo ulteriore complessità.

 

Una volta versata nel bicchiere palesa il suo colore molto scuro (70 EBC), bruno intenso, quasi nero. La spuma è di media altezza, fine e cremosa, di colore beige e di buona persistenza.

 

Al naso un’esplosione di aromi: frutta intensa, come la prugna ed i fichi secchi, l’albicocca sotto spirito, uvetta; poi pane tostato o comunque da cereali scuri, integrali; speziato, cannella, noce moscata; vaniglia, legno ed ovviamente qualche nota etilica vista la gradazione.

 

Sorseggiandola le soprese arrivano dal corpo, che non è “pesante” come ci si potrebbe aspettare, presenta una leggera carbonazione, e scorre liscia ed un po’ oleosa. In bocca affiorano altri gusti come cioccolato e liquirizia; la frutta presente all’olfatto qui si percepisce ben matura e sotto spirito. Il finale si distende con gradualità e propone altri aromi: man mano che la birra si riscalda tira fuori il vinoso ed liquoroso, il Calvados a questo punto è percepibile così come qualche nota di uva passa. Il tutto si disperde lentamente in bocca con delicatezza nonostante i 10 gradi che però non si avvertono affatto; articolata e soddisfacente, mille gusti, mille, sfaccettature.

 

Bell’esempio di quanto una birra può essere distante dall’idea che ne abbiamo comunemente, la Pannnepot, pur facendo parte del nuovo corso, è già diventata parte della tradizione brassicola belga.

 

 

Brasserie Saint Hélène

 

 

Saint Héléne, nata da esperimenti casalinghi nel 1994, è ormai diventata una realtà brassicola consolidata: immagine ben definita, con le sue etichette con immagini femminili riconoscibili e caratterizzanti; una gamma completa composta sia da alte che basse fermentazioni, che propone birre di stili tradizionali, come quella che segue, ma anche nuove proposte. Vedi Articolo: Bevi con il Mastro Birraio

 

 

Gypsy Rose (9%)

 

 

Versata nel bicchiere, questa tripel si presenta di colore ambrato abbastanza intenso (26 EBC), con aspetto decisamente velato (per i lieviti in sospensione) e con una buona copertura di schiuma bianca, ben compatta e di grana fine e persistente.

 

L’aroma rivela diverse delle caratteristiche principali dello stile: il malto, il miele (sia millefiori che acacia), una buona freschezza floreale (rosa e fiori d’acacia) e fruttata (frutta gialla, fino agli agrumi ed il tropicale), qualche sentore di lievito.

 

In bocca si ritrova la freschezza floreale e fruttata ma anche la dolcezza del miele, dello zucchero grezzo; poi ancora, frutta gialla e frutta secca (fino alla mandorla). Sempre presente un tocco di lievito ma senza eccedere. L’ingresso è dolce; il maltato arrotonda le note etiliche dovute al buon tenore alcolico ed è bilanciato bene dall’amaro del luppolo Brewers Gold ed arricchito dall’aroma nuovamente floreale del più aromatico Strisselspat alsaziano. Il corpo è medio e ben sostenuto da una piacevole frizzantezza. Il finale, abbastanza lungo, si rivela caldo ed avvolgente: la presenza alcolica si presenta morbidamente, affiancata da note speziate e da una dolcezza sempre ben compensata da un taglio amaro non invadente.

 

Una Tripel difficilmente manca nella gamma di un produttore belga: in questo caso sono state applicate alcune varianti alla ricetta più tradizionale, lavorando in particolare sulla parte aromatica dei luppoli, senza snaturare i tratti distintivi (lievito ben presente) anzi, rendendola scorrevole e meno impegnativa di quello che la gradazione e la complessità potrebbero far sembrare.

 

 

Brouwerij Alvinne

 

 

Alvinne non è la solita storia. Come tanti altri birrifici, anche i soci di Alvinne sono passati per un percorso di crescita, dalla semplice passione personale ad uno sviluppo professionale della produzione dando origine ad una gamma completa, complessa ed articolata composta da Ales e Sour, spesso ulteriormente affinate in botte. La differenza sta nell’aver usato a partire dal 2009, un ceppo di lievito specifico ed esclusivo, battezzato Morpheus. Con le basi costruite con le Ales e la possibilità di affinare in botte, il Morpheus fornisce ad Alvinne una possibilità di sperimentazione totale di nuovi gusti ed aromi, spostando i confini della convenzionale idea di birra. Vedi Articolo: Bevi con il Mastro Birraio

 

Phi (10%)

 

 

La Phi è una delle incarnazioni di questa sperimentazione: si tratta di una Belgian Blonde Ale – 10% alc. – a fermentazione mista, arricchita da dry hopping ed invecchiata in acciaio.

 

Appena versata il colore è meno chiaro del previsto e tende all’ambrato scarico più che al biondo ed anche evitando i lieviti del fondo si presenta decisamente velata, quasi torbida; la schiuma è bianca, mediamente presente, ben cremosa e stabile, la grana è fine e compatta a centro bicchiere per poi diventare più grossolana verso il bordo.

 

Al naso rivela subito la sua complessità. Servita intorno ai 10-12 gradi esala da subito una moltitudine di aromi freschi, fruttati e floreali su una base acetica decisa con leggere note funky/brett, tra legno e stallatico: pesca, melone, mela, agrumi, fiori bianchi, geranio. Ma anche miele millefiori e caramello.

 

Al primo sorso la sensazione ad inizio bocca è forte, aspra ma bilanciata: un cucchiaino di yogurt bianco acido mischiato a zucchero è la prima cosa che viene in mente “parcheggiando” qualche goccia sulla punta della lingua. Poi il percorso continua e si ritrova la frutta aspra e pungente, la pesca, la mela (con note di sidro), agrumi, frutti di bosco; presenti anche sensazioni più rotonde di caramello, ancora miele, biscotto, frutta più matura, mele cotte e frutta secca. Il corpo è abbastanza deciso, la carbonazione discreta ed il finale è decisamente lungo, con un taglio acido, rinfrescante ma saporito. Del tutto nascosta la componente alcolica; i suoi 10 gradi non sono mai avvertibili, lasciando la sensazione di un prodotto leggero e molto scorrevole in tutto il suo sviluppo, fino alla fine del bicchiere. Col passare dei minuti regala altre mille sensazioni retroboccalli ma senza mai scaldare; rimane la percezione di una bevuta semplice come un succo di frutta paradossalmente arricchita dalla complessità della ricetta e dei molteplici aromi e gusti che sviluppa.

 

In conclusione questa è una delle birre che giustifica del tutto il successo internazionale di Alvinne, soprattutto in quei mercati attenti a qualità e sperimentazione su stili wild, sour, farmhouse. Alvinne con il suo Morpheus ha in mano una carta in più degli altri. Fantastica, una vera scoperta che invoglia ad esplorare il resto della collezione.

 

Questo articolo è stato scritto da Ken Dust.

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